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Rivendicazioni

Rivendico, prima di tutti, il mio diritto alla pigrizia.
Poi, il mio diritto di essere antipatico, scontroso, aggressivo e poco paziente.
Rivendico il mio diritto a non dover sorridere ogni qual volta il costume o la società me lo richiedono; mentre sto scrivendo sogno di sventrarvi a mani nude, coglioni.
Rivendico il mio diritto di non avere sempre la battuta pronta e di essere poco interessante, che divertimento c’è a sbalordire una scimmia accendendo un accendino?
Rivendico il mio diritto di tacere.
Il mio diritto di non rispondere alle domande anche sapendo la risposta.
Il mio diritto di non avere idee.
Rivendico il mio diritto a non voler avere delle idee.
Il sacrosanto diritto di essere cattivo, ma cattivo cattivo, come quelli dei film.
Rivendico la pienezza ontologica di pazzi, psicopatici, assassini e reietti di ogni sorta, soli ad essere in piena identità con l’essere umano.
Rivendico il mio diritto di essere una persona qualunque, normale, senza che nessuno venga a pretendere di insegnarmi come potrei essere diversamente.
Rivendico il mio diritto ad essere stupido, come e quando voglio.
Rivendico il diritto all’ignoranza e alla negazione delle verità fondamentali.
Rivendico il mio diritto a non dover per forza (di)mostrare chi sono.
Rivendico il diritto alla contraddizione, amo oggi ciò che odierò domani.
Non ci crederete, ma rivendico anche il diritto di essere infinitamente buono, ma questo non giustifica nessuno a pensare che lo sarò ogni volta; ed è per questo che rivendico soprattutto il mio diritto a ribaltare le previsione e disattendere le aspettative.
Rivendico la dignità del solipsismo e della misantropia.
Per non dimenticare la sete di sangue e la brama di potere, conatus ripudiati e bistrattati.
Il diritto di ridere delle disgrazie, personali e altrui.
Rivendico il diritto di pubblicare qualcosa senza aver strutturato un finale o fatto le dovute correzioni, lasciando che l’ultima cosa che leggerete sia un finale metariflessivo che non fa altro che avvolgersi su stesso con l’unico scopo di mettere la parola fine a un “inizio di qualcosa” che mi ha già stufato prima ancora di arrivare a conclusione.
Rivendico il diritto di chiudere scrivendo come ultima parola la parola parola. Che tra l’altro mi sembra anche una parola ridicola, parola.

 

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